Alberoni Cardinal Giulio

1664 - 1752

Alberoni Cardinal Giulio

ID: 3970

Autografi

Giulio Alberoni (Piacenza, 30 maggio 1664 – Piacenza, 26 giugno 1752) è stato un cardinale italiano al servizio di Filippo V di Spagna.Dopo aver svolto il ruolo di primo ministro favorito alla corte borbonica di Spagna ed essersi adoperato per la riconquista di Sardegna e Sicilia nel 1717 (dando avvio alla Guerra della Quadruplice Alleanza), tornato in Italia, ricoprì importanti incarichi nell’amministrazione pontificia, fra cui quello di legato in Romagna. In questa veste prese parte attiva all’occupazione militare di San Marino, evento che da lui prese il nome (occupazione alberoniana).

Biografia

Di umili origini, era figlio di Giovanni degli Alberoni, giardiniere, e di Laura Ferrari, cucitrice. La coppia ebbe sei figli.

I primi anni

Rimasto orfano di padre all’età di dieci anni, lavorò come bracciante o giardiniere fino all’età di quindici anni. Ebbe i primi contatti con la Chiesa nell’umile posizione di incaricato alla cura degli interni della cattedrale di Piacenza, tra l’altro si occupava anche delle campane della cattedrale. Svolgendo questo incarico, si guadagnò il favore del vescovo Barni che gli permise di prendere i voti sacerdotali e lo associò, come canonico al capitolo della cattedrale (1698).

Durante la guerra di successione spagnola, grazie ai servigi che rese a Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme,comandante delle forze francesi in Italia, l’Alberoni gettò le fondamenta del suo successo politico. Quando questi, nel 1706, venne richiamato a Parigi, volle che il prelato lo seguisse. Qui venne favorevolmente ricevuto da Luigi XIV ed il duca si avvalse spesso dei suoi talenti negli affari più importanti.

Il periodo spagnolo

Nel 1711 seguì il Vendôme in Spagna come suo segretario, e lo aiutò a riportare sul trono spagnolo Filippo V. Dopo la morte del duca, avvenuta nel 1712, la sua reputazione gli valse la nomina ad agente consolare del Ducato di Parma alla corte di Spagna, dove, presto, divenne uno dei favoriti del re. Nel 1714, dopo la morte della regina Maria Luisa di Savoia, con l’aiuto della principessa Marie Anne de La Trémoille, molto influente presso il re, combinò il nuovo matrimonio di Filippo V con Elisabetta Farnese, nipote di Francesco, duca di Parma. La nuova regina usò la sua influenza in favore dell’Alberoni, che migliorò rapidamente la sua posizione. Fu nominato primo ministro, poi duca e grande di Spagna, quindi vescovo di Málaga.

Nel 1717, papa Clemente XI, acconsentendo alle pressioni di Filippo V, lo creò cardinale diacono di Sant’Adriano. Come primo ministro, l’Alberoni fece scelte di politica economica decisamente avanzate per i suoi tempi. Lo scopo principale che si prefiggeva era di trasformare la Spagna in una nazione industrializzata, anticipando di molto ciò che sarebbe avvenuto nel XIX secolo. Stabilì, inoltre, un regolare servizio postale tra la madrepatria e le colonie ed abolì i dazi doganali interni riorganizzando le finanze. Istituì anche una scuola di navigazione per i rampolli della nobiltà.

In politica interna, allo stesso tempo, non esitò a sacrificare le libertà personali del popolo in favore degli interessi della monarchia assoluta. In politica estera cercò di recuperare i possedimenti italiani perduti dalla Spagna. Inoltre, i suoi sforzi per far ottenere a Filippo V la corona di Francia e di ingrandire sempre e comunque il potere della Spagna portarono l’Europa sull’orlo di una guerra generale e, di conseguenza, alla sua caduta. L’impazienza del re e della moglie non diedero al ministro il tempo per far maturare i suoi piani con l’opportuna calma.

Nonostante le assicurazioni fornite al papa, con l’appoggio di Francesco Farnese, duca di Parma e Piacenza, Filippo V inviò truppe alla conquista della Sardegna e della Sicilia, ma questo provocò la reazione delle potenze europee Inghilterra, Francia, Paesi Bassi e Asburgo che, alleatisi, diedero corso alla Guerra della Quadruplice Alleanza dalla quale la Spagna uscì sconfitta. L’Alberoni fu ritenuto il principale responsabile di questa situazione, pertanto, il 5 dicembre 1719, Filippo V, per non essere trattato come il nemico d’Europa, gli ordinò di lasciare il paese. La stessa Elisabetta svolse un ruolo attivo nell’ottenere il decreto di espulsione. Tale situazione gli comportò anche l’inimicizia di papa Clemente XI.

Gli ultimi anni

L’Alberoni tornò in Italia, ma, quando giunse a Genova, fu messo agli arresti in attesa di una decisione di una commissione del Sacro Collegio. Tuttavia, riuscì a scappare e si rifugiò sugli Appennini. Alla morte di Clemente, il cardinale apparve spavaldamente al conclave e prese parte all’elezione di Innocenzo XIII (1721). In seguito, visse in ritiro presso una casa gesuita e, nel 1723, le accuse contro di lui furono ritirate. Il papa lo elevò alla dignità di cardinale presbitero e divenne titolare di San Crisogono. Durante l’elezione successiva (1724), venne egli stesso proposto per il trono papale e si assicurò dieci voti nel conclave che elesse Benedetto XIII.

Il successore di Benedetto, Clemente XII, lo nominò nel 1735 legato in Romagna. A Ravenna fu ricordato per aver avviato la costruzione del nuovo canale naviglio e del nuovo scalo portuale. Ma incorse nella disapprovazione del pontefice a causa delle misure forti ed insostenibili con cui cercò di ridurre la piccola repubblica di San Marino ad assoggettarsi a Roma (occupazione alberoniana). Di conseguenza, venne rimpiazzato da un altro legato nel 1740 e poco dopo si ritirò a Piacenza. Qui, Clemente XII lo nominò amministratore dell’ospedale di San Lazzaro. L’ospedale era una fondazione medioevale a beneficio dei lebbrosi.

Essendo la malattia scomparsa dall’Italia, l’Alberoni ottenne il consenso del papa per la sua soppressione e istituì, al suo posto, un collegio per l’educazione al sacerdozio di settanta ragazzi poveri. Tale istituzione prese il nome di Collegio Alberoni ed è tuttora esistente. Dopo la sua morte, fu sepolto nella chiesa del Collegio, al quale lasciò in eredità la somma di 600.000 ducati. Il suo monumento funebre venne ornato di un bel busto-ritratto in marmo opera dell’Abate carrarese Giovanni Antonio Cybei (1754). Lasciò, inoltre, il resto della sua fortuna a suo nipote.