Cristina di Svezia

1626 - 1689

Cristina di Svezia
Nazione: Svezia

ID: 2463

Cristina di Svezia, o Cristina Alessandra Maria dopo la conversione al Cattolicesimo, (Stoccolma, 18 dicembre 1626 – Roma, 19 aprile 1689), fu regina di Svezia dal 1632, ma con pieni poteri solo dal 1650, fino all’abdicazione avvenuta nel 1654.

Figlia di re Gustavo II Adolfo di Svezia e della regina Maria Eleonora del Brandeburgo, succedette sul trono all’età di sei anni dopo la prematura scomparsa del genitore. Educata dal potente Alto Cancelliere di Svezia Axel Oxenstierna e figlia di uno dei massimi difensori del protestantesimo durante la Guerra dei trent’anni, suscitò grande scandalo quando nel 1654, nel pieno di una profondissima crisi religiosa, si convertì al cattolicesimo e abdicò in favore del cugino Carlo Gustavo che divenne re Carlo X. Temendo le reazioni e le vendette dei protestanti lasciò subito la Svezia per trascorrere il resto della sua esistenza in vari Paesi d’Europa stabilendosi poi definitivamente a Roma dove si occupò di opere caritatevoli, di arte, musica e teatro in un movimento culturale che, dopo la sua morte, portò alla fondazione dell’Accademia dell’Arcadia nel 1690.

Personalità complessa ed anticonformista, educata in modo virile come un Principe e non una Principessa, Cristina di Svezia era dotata di viva intelligenza e di solida cultura umanistica e filosofica a cui si dedicò particolarmente dopo la pace di Westfalia che nel 1648 pose fine alla lunga guerra dei trent’anni. Durante gli anni del suo regno, in cui non brillò per competenza politica e in cui trascurò gli affari dello Stato suscitando il malcontento del Paese, si prodigò per far divenire Stoccolma l'”Atene del nord”.

I primi anni

La sedicenne regina Cristina di Svezia.
La sedicenne regina Cristina di Svezia.

Cristina era figlia del re Gustavo II Vasa (1594 – 1632), che regnò in Svezia dal 1611 al 1632 e della regina Maria Eleonora del Brandeburgo (1599 – 1655). Ella nacque al castello di Tre Kronor, e sin dalla sua nascita gli astrologi notarono una rara congiunzione di pianeti destinata a fare della fanciulla una delle regnanti più influenti d’Europa. Il re aveva già avuto dal suo matrimonio altre due figlie, una nata morta nel 1620 ed un’altra, di nome Cristina, nata nel 1623 e morta l’anno successivo. Pertanto la terza gravidanza della regina Maria Eleonora nel 1626 era seguita con trepidazione nella speranza di dare finalmente un erede al trono alla Svezia. Quando nacque la piccola principessa venne ritenuta un maschio in quanto si presentava con molti capelli e urlava “con una voce forte e squillante”. Cristina scriverà poi nella sua autobiografia che “prese un grande imbarazzo tra le donne quando scoprirono di sbagliarsi”. Il re, sebbene sperasse nel maschio, fu comunque felicissimo di accogliere la novella nata al punto da scrivere poco dopo la nascita “Diventerà intelligentissima, ci sta rendendo tutti pazzi di lei!”. Da altre fonti sappiamo che Gustavo Adolfo era molto attaccato alla figlia ed ella lo ripagava con la massima ammirazione. Non ebbe invece un rapporto felice con la madre, che si sentiva colpevole di non aver messo al mondo un maschio.

Prima che Gustavo Adolfo lasciasse la Svezia per recarsi in Germania in difesa del protestantesimo nella guerra dei trent’anni, egli assicurò i diritti di successione di sua figlia nel caso in cui egli non avesse più fatto ritorno in patria e diede pertanto disposizione che Cristina ricevesse la migliore educazione concessa solitamente ai principi maschi. La madre, appartenente alla casata degli Hohenzollern, era di temperamento malinconico e distaccato, e secondo alcuni soffriva anche di disturbi psicologici. Dopo la morte del re sul campo di battaglia il 6 novembre 1632, Cristina divenne il centro dell’attenzione per la madre. Gustavo Adolfo aveva deciso che in caso di sua morte, la figlia avrebbe goduto della tutela della sorellastra Caterina. Questa soluzione non piaceva a Maria Eleonora che aveva bandito la sorellastra dal castello. Nel 1636 il cancelliere Oxenstierna vide un’altra soluzione alla faccenda e cioè l’esilio al castello di Gripsholm, nel frattempo che il consiglio di reggenza si pronunciasse circa la possibilità per lei di incontrare regolarmente la figlia di appena nove anni. Nei tre anni seguenti, Cristina crebbe in compagnia della zia e della famiglia di lei.

Il 15 marzo 1633 Cristina divenne ufficialmente regina all’età di soli sei anni, ottenendo il soprannome di “Regina Bambina”. Cristina aveva ricevuto un’educazione propria al suo status ed al suo futuro ruolo come reggente: il teologo Johannes Matthiae Gothus era divenuto suo tutore e le diede lezioni di religione, filosofia, greco e latino. Il cancelliere Oxenstierna discuteva con lei le strategie politiche e si dilettava a insegnarle la storia degli scritti di Tacito. Cristina studiava felicemente per dieci ore al giorno ed imparò lo svedese, il tedesco, l’olandese, il francese e l’italiano, dimostrando un talento unico non solo per la sua epoca. Oxenstierna scrisse fiero della quattordicenne regina “Non è come tutte le altre donne” e che, al contrario, aveva “una luminosa intelligenza”. Dal 1638 Oxenstierna impiegò la compagnia di balletto francese di Antoine de Beaulieu a corte, il quale fu anche insegnante di danza di Cristina.

Il regno

Moneta con effigie di Cristina, 1645.
Moneta con effigie di Cristina, 1645.

Morto Gustavo II Adolfo nella battaglia di Lützen il 6 novembre 1632 durante la guerra dei trent’anni, Cristina, unica erede, si ritrovò ad essere regina a soli 6 anni. Per dodici anni, durante la sua minore età, la Svezia venne governata da un Governo di Reggenza con a capo il Gran Cancelliere del Regno Axel Oxenstierna (1583-1654).

La corona di Svezia era divenuta ereditaria con la famiglia Vasa, ma dall’epoca di re Carlo IX (regnante dal 1604 al 1611) erano stati esclusi dal trono i figli e discendenti del fratello e del nipote deposti. I fratelli legittimati di Gustavo Adolfo erano morti anni prima; l’unico fratello sopravvissutogli era un illegittimo di suo padre che comunque aveva avuto una sola figlia femmina e come tale non vi erano eredi maschi discendenti da Gustavo I e Cristina era ritenuta ormai l’erede presunta al trono paterno. Sin dalla sua nascita, a Cristina venne riconosciuta l’eleggibilità come ad un erede maschio, e quando venne incoronata ottenne il titolo di “regina” il che la qualificò nel suo ruolo di sovrana dello stato.

Nel 1636–1637 Peter Minuit e Samuel Blommaert negoziarono col governo la possibilità di fondare la Nuova Svezia, la prima colonia svedese nel Nuovo Mondo. Nel 1638 Minuit eresse Fort Christina a Wilmington, nel Delaware e venne scoperto anche l’attuale Christina River nell’area. Nel dicembre del 1643 le truppe svedesi furono impegnate nell’Holstein e nello Jutland nella Guerra di Torstenson.

Il Consiglio Nazionale suggerì a Cristina, divenuta sedicenne, di prendere le redini del governo direttamente, ma ella preferì attendere i diciotto anni, come suo padre aveva fatto prima di lei. Nel 1644 Cristina ascese ufficialmente al trono di Svezia, anche se la sua incoronazione venne posticipata a causa della guerra con la Danimarca e pertanto uno dei suoi primi atti ufficiali fu proprio quello di concludere una pace con quella nazione, riuscendo ad ottenere le isole di Gotland e Ösel, oltre ad alcune province norvegesi come la Jämtland e la Härjedalen.

Il cancelliere Oxenstierna ben presto apprese che Cristina aveva disegni politici differenti dai suoi. Nel 1645 egli inviò suo figlio secondogenito, Johan Oxenstierna, ai Congressi di pace di Osnabrück e Münster, presentando le richieste della Svezia che vertevano ad una continuazione della Guerra dei Trent’anni. Cristina, ad ogni modo, voleva la pace ad ogni costo ed inviò un proprio delegato, Johan Adler Salvius. Poco dopo la conclusione degli accordi di pace, ella ammise Salvius nel Consiglio Nazionale, contro il volere del cancelliere Oxenstierna. Salvius non era un aristocratico ma Cristina cercava a tutti i costi una nuova classe dirigente non tratta dall’aristocrazia a lei contemporanea. Nel 1648 Cristina ottenne un seggio al Reichstag del Sacro Romano Impero quando il principato di Brema-Verden e la Pomerania svedese vennero assegnate definitivamente alla Svezia grazie al Trattato di Osnabrück.

Nel 1649, 760 dipinti, 170 sculture di marmo e 100 di bronzo, 33.000 tra medaglie e monete, 600 pezzi di cristalleria, 300 strumenti scientifici, manoscritti e libri (tra cui il Sanctae Crucis laudibus di Rabano Mauro, il Codex Argenteus ed il Codex Gigas) vennero trasportati a Stoccolma. La collezione, proveniente dal Castello di Praga, era appartenuta a Rodolfo II d’Asburgo ed era stata requisita da Hans Christoff von Königsmarck durante la Battaglia di Praga e le successive negoziazioni della Pace di Westfalia.

Nel 1649, con l’aiuto dello zio, Giovanni Casimiro, e dei suoi cugini Cristina tentò di ridurre l’influenza di Oxenstierna e dichiarò Carlo Gustavo quale suo erede presunto. L’anno successivo, Cristina resistette alle richieste degli Stati Generali per ridurre l’esenzione delle tasse dei nobili proprietari terrieri, di modo da tenere legata a sé abilmente l’aristocrazia locale.

L’amore tormentato con Ebba Sparre e la decisione di non sposarsi

Ebba Sparre sposò nel 1652 un fratello di Magnus Gabriel De la Gardie.
Ebba Sparre sposò nel 1652 un fratello di Magnus Gabriel De la Gardie.

Personalità ricca e complessa, dotata di grande intelligenza, di straordinario temperamento e di un forte senso del proprio ruolo, naturalmente assolutista, verso i vent’anni cominciò ad entrare in rotta di collisione con il Cancelliere e la Reggenza, che puntavano ormai a darle marito, possibilmente nel giro dei suoi nobili cugini, in modo da assicurare alla Svezia un vero re.

Ma Cristina, pur essendo pronta ad innamorarsi, ebbe sempre un forte rifiuto del matrimonio, non rassegnandosi all’idea di passare in seconda linea rispetto a chi, sposandola, sarebbe diventato re del “suo” regno. E al Senato, che nel 1649 la sollecitava di nuovo al matrimonio, rispose chiaramente: «.. il matrimonio implica delle soggezioni alle quali io non mi sento in grado di sottostare, e non posso prevedere quando sarò in grado di vincere questa ripugnanza». Il suo cugino di secondo grado, Carlo, era infatuato di lei e i due ebbero una relazione segreta negli anni giovanili, che però durò sino al 1642 quando il giovane venne chiamato a prestare servizio in Germania per tre anni al seguito dell’esercito svedese.

Cristina ebbe una storia d’amore con Ebba Sparre, una dama di corte, di cui tutti i contemporanei elogiarono la stupefacente bellezza. A lei indirizzò numerose lettere d’amore che oggi accertano la relazione tra le due. In una lettera scritta durante l’esilio, a Pesaro, il 27 marzo 1657, Cristina scrive alla contessa Sparre:

« se voi non avete dimenticato la facoltà che avete su di me, vi ricorderete che sono già dodici anni che sono posseduta dall’essere amata da voi. Infine, io sono vostra in una maniera per cui è impossibile che voi mi possiate perdere, e non sarà altro che con la fine della vita che io cesserò di amarvi »

Probabilmente per sottrarsi a queste pressioni, Cristina dichiarò principe ereditario il cugino Carlo X Gustavo, il 10 marzo 1649. La nobiltà rifiutò questa decisione, mentre gli altri stati sociali – clero, borghesia e contadini – accolsero positivamente la notizia. Cristina venne incoronata ufficialmente domenica 20 ottobre 1650, con grandissimo sfarzo, e le feste durarono fino al 9 gennaio successivo. Per l’incoronazione, Cristina partì col corteo dal castello di Jacobsdal dal quale uscì con una carrozza trionfale interamente coperta di velluto nero ricamato in oro e trainata da sei cavalli bianchi. La processione era diretta verso la Storkyrkan ove avrebbe avuto luogo la consacrazione in chiesa ed era così lunga che quando la prima carrozza del corteo giunse a Storkyrkan, l’ultima usciva dal portone del castello di Jacobsdal. Quella sera i membri dei quattro stati sociali vennero invitati a cena al castello pieni di stupore nel vedere fontane che spruzzavano vino e fuochi d’artificio.

L’esilio

Per poter lasciare il paese senza drammi o disordini, Cristina dissimulò anche con suo cugino la propria vera mèta, e attraversò la Svezia in incognito, a cavallo, vestita da uomo sotto il falso nome di Conte di Dohna e con una piccola scorta con l’amico e poeta Bernardino de Rebolledo, dicendosi diretta in Danimarca. Al momento di passare il confine congedò il suo cappellano protestante, diretta a Roma.

Si trasferì momentaneamente nei Paesi Bassi, dove assistette alla prima opera messa in scena nel paese, Ulisse all’isola di Circe di Gioseffo Zamponi. Cristina si recò qui in visita a Johann Friedrich Gronovius ed a Anna Maria van Schurman. Nell’agosto di quell’anno, Cristina giunse nei Paesi Bassi meridionali e prese residenza fissa ad Anversa, alloggiando per quattro mesi nella ricca residenza di un locale mercante ebreo. Durante questa sua permanenza, l’ex regina di Svezia venne onorata della visita di alcuni personaggi di spicco della sua epoca come l’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria, il principe di Condé, l’ambasciatore francese Chanut, ed il governatore della Norvegia, Hannibal Sehested. Durante i suoi pomeriggi liberi, Cristina si dedicava all’equitazione e tutte le sere organizzava feste e banchetti con musica e danze. Cristina iniziò nuovamente a spendere oltre le proprie possibilità e dovette vendere molti suoi tappeti e molti pezzi d’argenteria e di gioielleria al suo seguito. Dal momento che la sua situazione finanziaria continuava ad essere in rosso, l’arciduca austriaco la invitò a nel suo palazzo di Bruxelles, ove il 24 dicembre 1654 Cristina fece la sua prima professione di fede cattolica, alla presenza dei fedeli amici Pimentel e Raimondo Montecuccoli. Ad ogni modo questa sua conversione non fu resa pubblica dal momento che l’ex regina temeva che in tal caso il governo svedese avrebbe potuto rifiutarle la pensione da lei richiesta. Il papa ed il re di Spagna non potevano aiutarla perché pubblicamente ella non era ancora un membro della chiesa romana e come risultato Cristina fu costretta a vendere parte della propria collezione libraria e di statue per saldare i debiti contratti.

Nel settembre di quello stesso anno, Cristina lasciò Bruxelles alla volta dell’Italia con un seguito di 255 persone e 247 cavalli. Il messaggero papale, il sovrintendente della Biblioteca Vaticana Luca Olstenio, anch’egli un convertito, attese il corteo ad Innsbruck per condurre l’ex regina nello stato pontificio. Il 3 novembre 1655, Cristina decise di fare la propria professione ufficiale al cattolicesimo nella Hofkirche di Innsbruck per poi scriverne al papa Alessandro VII ed a suo cugino Carlo X. Per celebrare la sua conversione ufficiale, venne rappresentata per l’occasione la prima de L’Argia di Antonio Cesti. L’arciduca Ferdinando Carlo d’Austria, che si era offerto di pagarle i festeggiamenti, venne ridotto quasi sul lastrico dalle esigenze dell’ex sovrana svedese e ne fu risollevato solo con la partenza del gruppo l’8 novembre di quell’anno.

Il ritorno a Roma

Il 15 maggio 1658, Cristina fece ritorno a Roma per la seconda volta, questa volta senza trionfi. La sua popolarità, infatti, era di molto calata dopo l’esecuzione del marchese Monaldeschi al punto che lo stesso Alessandro VII rimase nella sua residenza estiva e non concesse ulteriori visite alla donna della quale gli erano state riferite tante barbarie.

Cristina di Svezia in età avanzata. Ritratto di Jacob Ferdinand Voet.
Cristina di Svezia in età avanzata. Ritratto di Jacob Ferdinand Voet.

Inizialmente Cristina di Svezia risiedette presso Palazzo Rospigliosi, appartenente a Mazzarino, non lontano dal Palazzo del Quirinale ma quando nel luglio del 1659 fu lo stesso pontefice a chiedere all’ex sovrana di allontanarsi dalla corte pontificia, dopo un periodo passato nella Villa Farnesina alla Lungara (oggi sede dell’Accademia dei Lincei), ella scelse di insediarsi nel prospiciente bel Palazzo Riario alla Lungara (oggi Palazzo Corsini alla Lungara, sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Corsini), affittato dai Riario nel 1659, ma divenuto la sua residenza definitiva solo dal 1663, il cui grande parco (ora sede dell’Orto botanico di Roma) saliva fino in cima al Gianicolo. Ancora una volta il contratto di affitto venne sottoscritto dal cardinale Azzolino, che assicurò l’ex regina di aver interceduto per lei presso il pontefice e che quest’ultimo si era risolto a concederle una pensione adeguata al suo status.

Qui Cristina, che non aveva mai rinunciato al titolo di regina, installò la sua piccola corte, e di palazzo Riario fece la base di intrighi, viaggi diplomatici, feste e avventure galanti – ma anche di vaste relazioni intellettuali (culminate nel 1674 nella creazione dell’Accademia Reale – che fu l’origine dell’Accademia dell’Arcadia – a cui si aggiunse un’Accademia di Fisica, Storia naturale e Matematica). All’interno del palazzo non trovavano spazio prestigiose collezioni d’arte antica come in uso per l’epoca, né quadri di artisti del nord Europa, ma piuttosto nelle sale di rappresentanza si trovavano i ritratti del cardinale Azzolino, del Bernini, di Ebba Sparre, di Cartesio, dell’ambasciatore Chanut e del dottor Bourdelot, tutti personaggi che avevano segnato in qualche modo la sua vita.

Il definitivo ritorno a Roma e la morte

Il quarto ed ultimo ingresso di Cristina a Roma ebbe luogo il 22 novembre 1668. Clemente IX si recò subito in visita alla sovrana e quando questi morì per un attacco cardiaco, Cristina volle visitarlo sul letto di morte. In questi anni assunse come suo confessore il portoghese António Vieira.

Durante questo quarto periodo della sua permanenza romana, Cristina di Svezia diede ordine di aprire un teatro personale nel piano superiore del palazzo ove risiedeva per poi proseguire nel 1671 con l’apertura del primo teatro pubblico di Roma nell’ex prigione di Tor di Nona, ad opera del suo segretario francese Giacomo d’Alibert. Nel 1672, come ultima speranza in campo politico, venne menzionata come una delle candidate ideale per la successione al trono di Polonia dopo la morte di Giovanni II Casimiro Vasa, ma la sua candidatura fu presto archiviata per via dei forti scontri tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento con Sigismondo III di Svezia, suo antenato.

A tale insuccesso si aggiunse il mutato atteggiamento papale rispetto ai teatri pubblici che Cristina patrocinava: Clemente X, una volta salito al soglio pontificio, preoccupato per gli effetti che tali spettacoli potessero avere sulla pubblica morale, proibì l’apertura di nuovi teatri mentre con papa Innocenzo XI le cose peggiorarono ulteriormente. Il nuovo papa, infatti, di carattere rigido e profondamente austero, proibì ogni spettacolo teatrale, relegò a granaio il teatro di Tor di Nona, nonostante molti cardinali ed esponenti del clero romano spesso prendessero parte alle rappresentazioni, e vietò alle donne di recitare, di cantare e di vestire abiti scollati. Cristina riteneva queste restrizioni completamente insensate, e lasciava che nel suo teatro personale si continuasse a praticare il teatro come sempre.

Mantenendo la qualifica di promotrice dell’arte e della musica, Cristina nominò Carlo Ambrogio Lonati e Giacomo Carissimi quali suoi maestri di cappella, Lelio Colista fu suo liutista, Loreto Vittori e Marco Marazzoli suoi cantanti e Sebastiano Baldini svolse l’incarico di librettista. Compositori al suo servizio furono Alessandro Stradella e Bernardo Pasquini; Arcangelo Corelli le dedicò la sua prima opera, Sonata da chiesa opus 1, e sempre per lei Alessandro Scarlatti diresse l’orchestra durante i tre giorni di festa per le celebrazioni dell’incoronazione di Giacomo II d’Inghilterra nel 1685.

Il suo spirito politico e ribelle condusse Cristina a mantenere una forte capacità decisionale anche dopo molto tempo dalla sua abdicazione e rinuncia al trono svedese. Quando Luigi XIV di Francia revocò l’Editto di Nantes, abolendo i diritti dei protestanti francesi (ugonotti), Cristina, strenua cattolica, il 2 febbraio 1686 scrisse una lettera indignata all’ambasciatore francese Cesar d’Estrees, e il 15 agosto 1686, in risposta ad un provvedimento pontificio di Clemente X che proibiva agli ebrei di uscire per le strade durante il carnevale, emanò un decreto col quale dichiarò che tutti gli ebrei di Roma che lo avessero voluto, avrebbero potuto porsi sotto la sua speciale protezione. Cristina siglò la lettera come la Regina in pretesa del trono di Svezia.

Cristina rimase molto tollerante durante il resto della sua vita ed assunse come suo teologo privato il sacerdote spagnolo Miguel de Molinos, perseguitato dall’inquisizione per il suo insegnamento che prevedeva che il peccato appartenesse alla parte più recondita dell’uomo e che di fatto non dipendesse dal libero arbitrio dell’uomo. Cristina gli inviò cibo e centinaia di lettere mentre questi si trovava rinchiuso a Castel Sant’Angelo.

Nel febbraio del 1689 la sessantaduenne Cristina si ammalò seriamente dopo una visita ai templi della Campania al punto da rendere necessaria per lei l’unzione degli infermi. Ad un certo punto sembò riprendersi, ma a metà di aprile peggiorò ulteriormente a causa di un’infezione batterica che le portò l’Erisipela, seguita poi da una polmonite e da febbre alta. Sul letto di morte inviò una lettera al papa chiedendo di perdonarla per le offese recate.

Morì il 19 aprile 1689, confortata solo dal cugino, il marchese Michele Garagnani, e dal fedele cardinale Azzolino che presenziò al suo capezzale sino alla sua dipartita. Quest’ultimo ne divenne l’erede universale, ma morì poco dopo (l’8 giugno 1689), lasciando i beni al nipote Pompeo Azzolino. Tra le molte e preziose opere della collezione della regina, Pompeo vendette una Venere che piange Adone di Paolo Veronese che oggi, dopo una serie di acquisti e compravendite, si trova infine al Museo Nazionale di Stoccolma. Il patrimonio artistico che arricchiva il palazzo Riario andò disperso a prezzi irrisori tra i nobili romani, mentre il successivo papa, Alessandro VIII, comprò “per un pezzo di pane” la splendida biblioteca.

La sepoltura

Il monumento alla regina Cristina di Svezia nella Basilica di San Pietro a Roma.
Il monumento alla regina Cristina di Svezia nella Basilica di San Pietro a Roma.

Cristina aveva chiesto di essere sepolta in una tomba semplice, ma il papa alla sua morte insistette per prima cosa nel volerla esporre alla pubblica venerazione su un lit de parade per quattro giorni a Palazzo Riario. La regina venne imbalsamata, vestita di broccato bianco e le vennero posti una maschera d’argento sul viso, uno scettro tra le mani e una corona di metallo smaltato sul capo. “La regina indossa il suo mantello, decorato con centinaia di corone e bordato di ermellino, guanti di seta ed un paio di stivali di stoffa molto eleganti”.Il suo corpo venne posto in tre bare, una di cipresso, una di piombo e l’ultima di quercia. La processione del funerale venne guidata dalla chiesa di Santa Maria in Vallicella sino alla Basilica di San Pietro, dove la regina venne sepolta nelle Grotte Vaticane – una delle sole tre donne ad aver avuto questo privilegio. Tale privilegio le venne accordato anche in ricordo della tradizione che vedeva la sepoltura presso la basilica vaticana per i re sassoni che tra il IX e X secolo vi si recavano per convertirsi al cristianesimo. I suoi intestini vennero posti in un’urna separata.

Nel 1696 papa Clemente XI commissionò un monumento in onore della defunta regina, concluso nel 1702, in commemorazione della sua prodigiosa conversione e per la gratitudine che anche la città di Roma le doveva. Questo monumento venne posto nel corpo stesso della basilica vaticana e supervisionato nell’esecuzione dall’architetto Carlo Fontana. Cristina venne ritratta in un medaglione di bronzo dorato modellato da Giovanni Giardini, supportato da uno scheletro coronato posto su un cuscino sorretto da due puttini in marmo bianco scolpiti da Lorenzo Ottoni. Tre rilievi sottostanti dello scultore francese Teudon rappresentano tre momenti della sua vita come la sua rinuncia al trono svedese, l’abiura al protestantesimo fatta nel 1655 nella cattedrale di Innsbruck e l’allegoria della fede trionfante sull’eresia.

Ascendenza

 

cristina di svezia